X

Dollaro: peggior calo dagli anni ’70 ma non finirà qui. È il grande momento dell’euro? Le parole di Lagarde

pikist.com

Non c’è pace per il dollaro che continua a perdere terreno nei confronti della maggiori valute. Da una parte è messo sotto pressione dal disegno di legge di Trump in discussione al Senato che comporterà probabilmente un consistente aumento del debito statunitense. Dall’altra dalla prospettiva di un taglio dei tassi da parte della Fed. Secondo alcuni analisti il biglietto verde è sulla buona strada per il più grande calo del primo semestre dall’inizio degli anni ’70. Ma più in generale osservatori e investitori si stanno domandando quale sia o sarà il ruolo del biglietto verde ora. Se lo chiederanno anche i massimi esponenti delle banche centrali del mondo quando si incontreranno a Sintra, in Portogallo, a partire da stasera.

Nelle prime ore di quest’ultimo giorno del semestre 2025 il dollaro è crollato dello 0,4% a 144,11 yen, mentre l’euro è rimasto pressoché invariato a 1,1723 dollari, non lontano dal suo massimo da settembre 2021 toccato la scorsa settimana. La sterlina è scesa dello 0,1% a 1,3701 dollari, mantenendosi vicina al picco di giovedì di 1,37701 dollari, che non si vedeva da ottobre 2021. Il biglietto verde si è apprezzato poco nei confronti del franco svizzero e l’ultima volta ha toccato quota 0,7978 franchi, dopo essere sceso venerdì a 0,7955 per la prima volta da gennaio 2015, quando la Banca nazionale svizzera aveva inaspettatamente rimosso il limite al valore della valuta nei confronti dell’euro.

L’indice del dollaro, che misura la valuta statunitense rispetto alle sei principali controparti, è sulla buona strada per il suo più grande calo nei primi sei mesi o un anno dall’inizio dell’era delle valute a libera fluttuazione nei primi anni ’70. L’indice è sceso a 97,075, un soffio sopra i minimi di tre anni. James Reilly, economista senior dei mercati presso Capital Economics, ha detto a Reuters che in questa fase dell’anno il dollaro è sceso più che in qualsiasi altro anno precedente da quando gli Stati Uniti sono passati a un tasso di cambio fluttuante nel 1973. “A questo punto, un’ulteriore debolezza potrebbe autoalimentarsi man mano che i portafogli europei/asiatici sotto-coperti inseguono la mossa”, ha aggiunto. “Quindi, sospettiamo che questo potrebbe essere un periodo cruciale per il dollaro: o inverte la rotta o c’è un altro calo del 5% circa dietro l’angolo.”

Euro: è il grande momento

La presidente della Bce Christine Lagarde nel meeting internazionale di Sintra si troverà in una posizione relativamente nuova per qualsiasi capo della banca centrale della zona euro: promuovere la moneta unica come baluardo di stabilità. Il mese scorso Lagarde aveva detto che l’euro potrebbe diventare una valida alternativa al dollaro, procurando immensi vantaggi al blocco dei 20 paesi, se solo i governi riuscissero a rafforzare l’architettura finanziaria e di sicurezza del blocco.

L’euro si avvia verso il nono giorno consecutivo di guadagni nei confronti del dollaro, un risultato che ha ottenuto solo tre volte dalla sua introduzione nel 1999. Un altro rialzo giornaliero e saremo in territorio record. Nel contesto del 2025 in cui “tutti odiano il dollaro”, l’euro e gli asset europei in generale dovranno trasformarsi in vere e proprie calamite per la liquidità degli investitori. L’euro stesso ha guadagnato quasi il 14% rispetto al dollaro quest’anno, mentre la sua performance rispetto alle altre valute è stata molto meno eclatante. Ha guadagnato circa il 3,5% sia rispetto alla sterlina che allo yen giapponese e ha a malapena pareggiato il suo valore rispetto al franco svizzero e alla corona norvegese.
La fiducia negli Stati Uniti come meta di investimenti, non solo da parte dei mercati ma anche delle aziende, non è svanita, ma ha subito un duro colpo a causa delle politiche irregolari e imprevedibili dell’amministrazione Trump.

Il mercato dà quasi per scontato (91,5%) un taglio dei tassi Usa a settembre

Il movimento è da mettere in relazione con il raggiungimento di accordi commerciali sui dazi che ha rafforzato le scommesse su tagli dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve in anticpito rispetto alle attese precedenti. La Casa Bianca si è avvicinata a un accordo con la Cina, mentre il Canada ha abolito una tassa sui servizi digitali per riavviare i colloqui in stallo. Intanto il team commerciale indiano e il negoziatore giapponese hanno entrambi prolungato la loro permanenza a Washington per appianare le divergenze, in vista del raggiungimento di un accordo prima della scadenza del 9 luglio. E anche Taiwan ha detto di aver compiuto ”progressi costruttivi” nel secondo round di colloqui commerciali con gli Usa.

Inoltre gli investitori hanno interpretato tutto sommato come accomodante la testimonianza resa la scorsa settimana dal presidente della Fed Jerome Powell davanti al Congresso degli Stati Uniti, mentre prima di allora di era dimostrato molto più preoccupati per i dazi e l’inflazione.

Le stime per una riduzione di almeno un quarto di punto percentuale entro settembre sono salite al 91,5%, secondo il FedWatch Tool di Cme Group, da circa l’83% della settimana precedente. Il comitato per la fissazione dei tassi della Fed si riunirà il mese prossimo, ma non si riunirà ad agosto. Sotto la lente dello staff di Powell questa settimana ci sarà una serie di dati, tra cui un rapporto chiave sull’occupazione e qualsiasi delusione nei dati potrebbe innescare un’altra tornata di vendite di dollari. Con la festa dell’Indipendenza degli Stati Uniti di venerdì, il rapporto sull’occupazione di giugno è stato anticipato a giovedì. Un sondaggio Reuters indica che gli economisti prevedono un aumento di 129.000 unità, leggermente inferiore ai 139.000 di maggio .

Un ulteriore peso sul dollaro è derivato dai continui attacchi di Donald Trump a Powell, dopo che venerdì il presidente degli Stati Uniti ha dichiarato che “sarebbe felice” se il capo della Fed si dimettesse prima della scadenza del suo mandato a maggio. Trump ha anche affermato di voler ridurre il tasso di riferimento dall’attuale 4,25% al ​​4,5% all’1% e ha ribadito che intende sostituire Powell con un presidente della Fed più accomodante. Qualsiasi segnale che indichi che l’indipendenza della Fed dalla Casa Bianca sia minacciata potrebbe erodere ulteriormente lo status del dollaro come valuta preferita a livello mondiale per il commercio, il risparmio e gli investimenti.

Gli investitori inoltre seguono con attenzione l’avanzamento del disegno di legge statunitense di tagli fiscali e spesa “One Big Beautiful” del presidente Donald Trump, che sta lentamente avanzando al Senato, con segnali che potrebbero non essere approvati entro la scadenza del 4 luglio, fissata da Trump. Le maggiori spese potrebbero aggiungere 3,3 trilioni di dollari al debito Usa nell’arco di un decennio, secondo le stime del Congressional Budget Office.


Related Post