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Cina: meno carbone e più bistecche

Nel 2003-2004, ricorda un imprenditore del settore minerario australiano, i cinesi ci venivano a chiedere se potevamo procurare altre forniture di carbone. Adesso vengono a chiedere: conoscete altri fornitori di carne bovina?

Da una parte c’è il fisiologico rallenmtamento dell’economia cinese, che diventa meno vorace di materie prime. Dall’altra parte c’è l’allargarsi delle classi medie e la tendenza ad adottare modelli nutrizionali occidentali, con maggiore richiesta di carni rosse e di prodotti lattiero-caseari.

Liu Yonghao, il presidente del gigantesco  Hope Group (un conglomerato che copre mangimi e carni bovine e porcine, polli, latte e cereali) sta facendo shopping di aziende agricole in Australia: l’ultima acquisizione è la Kilcoy Pastoral Company, che macella ogni anno circa 270mila capi di bestiame nel Queensland.

Mr. Andrew Forrest, un magnate minerario australiano, ebbe un colloquio col premier cinese Li Keqiang, che confidò come la prima priorità per la Cina fosse la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari. Di qui l’idea di un “Sino-Australia 100-Year Agricultural and Food Safety Partnership” (o ASA 100). Mr. Forrest ha dichiarato che l’Australia potrebbe aumentare la produzione di carne bovina del 50%, sol che si assicurasse una posizione privilegiata nelle forniture alla Cina. Uno studio della Rabobank predice che la Cina raddoppierà l’import di carne bovina da qui al 2018.

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