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Carmignac, ecco le strategie per chiudere il 2012

L’attivismo della BCE e della FED: forte impatto sui mercati

Nel corso del terzo trimestre 2012, la BCE ha deciso di affrontare con determinazione la questione del rischio sistemico in Europa. Le conseguenze della coraggiosa posizione di Mario Draghi sono notevoli. Dichiarando la propria intenzione di acquistare il debito sovrano dei paesi in difficoltà senza limiti di importo, a condizione che tali paesi adottino programmi credibili in materia di risanamento delle finanze pubbliche e miglioramento della competitività, la BCE assume il ruolo di finanziatore di ultima istanza. La contrazione dell’attività dei paesi che s’impegnano a ridurre i loro deficit pubblici e adottano riforme strutturali può ormai essere finanziata dai mercati, rassicurati dall’esistenza di questo sostegno potenzialmente illimitato. Alle misure annunciate dalla BCE si è aggiunto, negli Stati Uniti, un nuovo allentamento monetario (“QE3”) di un’aggressività senza precedenti. Non è stato indicato un importo globale per questo sostegno ai mercati del debito, né una durata determinata. È stato semplicemente precisato che 40 miliardi di dollari di crediti ipotecari, ossia poco più della metà dell’importo mensile di emissioni nette su tutto il mercato ipotecario e dei titoli di Stato, verrebbero acquistati ogni mese e che la situazione sarebbe rivalutata in funzione dell’evoluzione del mercato del lavoro. Pertanto, gli interventi decisivi intrapresi dalla BCE all’inizio di agosto e dalla FED all’inizio di settembre contribuiscono ad un allentamento monetario globale.

Il contesto macroeconomico in Europa resta tuttavia preoccupante

Come da meccanismo di salvataggio annunciato dalla BCE ed a condizione che siano decisi ad intraprendere riforme di ampia portata, i paesi europei in difficoltà ritrovano un margine di manovra nella gestione delle finanze pubbliche. Le pressioni recessive in Europa potrebbero così essere attenuate, tanto più che il Fondo Monetario Internazionale esorta all’attuazione di piani di riforma più moderati. La decisa posizione presa da Mario Draghi per scongiurare il rischio d’implosione dell’euro è di notevole importanza in quanto lascia presagire una riduzione sostanziale del premio al rischio che frena l’investimento finanziario e industriale. I fondamentali economici nella zona euro restano tuttavia mal orientati.

Negli Stati Uniti, le aziende subiscono l’incertezza legata al “fiscal cliff”, ma la FED è decisa a sostenere l’economia

A differenza di quanto verificatosi in precedenza, il QE3 interviene quando la crescita dell’economia statunitense sembra stabilizzarsi ad un ritmo prossimo al 2% e gli indicatori avanzati, deboli nel secondo trimestre, danno segni di ripresa. La garanzia di mantenere una politica accomodante rafforza la domanda interna creando un effetto ricchezza per le famiglie, incoraggiate dalla rivalutazione dei loro patrimoni immobiliari e finanziari, in un momento in cui i redditi reali registrano uno scarso aumento (+1,75%). Questa misura presenta un altro vantaggio rispetto alle politiche di allentamento precedenti, in quanto non dovrebbe provocare un rialzo dei prezzi delle materie prime, dato che la crescita più moderata dei paesi emergenti ne frena l’apprezzamento. L’obiettivo principale del QE3 è ridurre il rischio di “fiscal cliff” assicurando alle famiglie e alle imprese che sarà fornita tutta la liquidità necessaria qualora il 10 gennaio dovessero essere introdotti aumenti delle tasse e tagli alle spese pubbliche, in caso di mancato accordo tra il presidente Obama e il Congresso. Questa rassicurazione è importante, considerati gli eventuali effetti recessivi che sarebbero provocati dall’applicazione automatica di una riduzione del deficit budgetario del 3% del PIL.

L’universo emergente sembra incoraggiante

La Cina, malgrado una fase di transizione dei poteri ai vertici dello Stato, dà prova di una proattività ispirata in materia di gestione dell’attività economica, utilizzando l’effetto stabilizzante dell’investimento pubblico per mantenere la crescita ad un livello prossimo al 7%. Il riequilibrio a favore di un consumo sempre dinamico (+14%) prosegue, mentre l’inflazione è ormai sotto controllo, in particolare nel mercato immobiliare. In India, la situazione politica si è sbloccata in modo significativo in settembre. Le intenzioni di riforma espresse di recente consentono un più ampio accesso alle imprese estere in alcuni settori importanti dell’economia indiana e agli investitori internazionali in quello del debito locale. Questa evoluzione dovrebbe condurre ad un flusso continuo di investimenti esteri verso l’India, favorevole agli asset e alla rupia. Infine, le Banche Centrali dei principali paesi emergenti passano all’azione. Nei primi giorni di ottobre quelle del Brasile e della Corea hanno seguito l’esempio delle Banche Centrali dei paesi sviluppati, adottando un attivismo propizio alla crescita. Il basso livello di inflazione rende possibili queste decisioni, che creano un contesto favorevole ai debiti in valuta locale, mentre la volontà di moderare l’apprezzamento delle valute rispetto ad un dollaro debole porta a politiche monetarie più accomodanti in questo universo.

Il contesto attuale è caratterizzato dall’antagonismo tra abbondante liquidità e prospettive macroeconomiche globali poco brillanti

L’attivismo di Mario Draghi e Ben Bernanke ha notevolmente migliorato le prospettive dei mercati azionari. La zona euro dispone ormai di una BCE pronta a svolgere il ruolo di finanziatore di ultima istanza. Questo evento, che auspicavamo, è il più importante degli ultimi mesi perché allontana energicamente il rischio sistemico nella zona euro. Il premio al rischio dei mercati azionari è così destinato a diminuire gradualmente. Questi effetti positivi, tuttavia, non ci fanno dimenticare l’impatto che le forti pressioni recessive provocate dalla riduzione dell’effetto leva in corso esercitano sulle capacità delle aziende a produrre utili.

Abbiamo optato per un posizionamento tattico offensivo a partire da agosto

In un contesto in cui la decisione della BCE ha avuto un impatto significativo sulla riduzione del rischio sistemico e in cui l’abbondanza di liquidità a livello globale resta attuale, la nostra gestione globale ha adottato un posizionamento offensivo a partire da metà estate, caratterizzato da tassi di esposizione azionaria mantenuti a livelli elevati. Restiamo tuttavia particolarmente attenti agli sviluppi macroeconomici che potrebbero portarci a rivedere questo posizionamento.

Abbiamo liquidato le posizioni nelle banche cinesi a vantaggio di una selezione di banche europee

Il portafoglio di Carmignac Investissement ha subito una modifica importante: le banche cinesi sono state oggetto di un arbitraggio a favore di una selezione di banche europee, che rappresentano a fine ottobre il 5% del patrimonio del Fondo. Le prime sono state liquidate quando è apparso evidente che lo sviluppo della loro attività di credito sarebbe risultato penalizzante per i margini. Le seconde sono state acquisite quando il rischio sistemico europeo è stato allontanato grazie alle iniziative di Mario Draghi. In questo contesto, il tema del miglioramento del tenore di vita nei paesi emergenti è stato ridotto del 5%, passando dal 43,3% al 38,4% del portafoglio di Carmignac Investissement.

I titoli difensivi sono stati rafforzati

I nostri investimenti nei titoli difensivi sono stati rafforzati e rappresentano il 14,7% del patrimonio. Gli investimenti nelle miniere aurifere sono stati incrementati fino al 13,1% del portafoglio, principalmente grazie ad un effetto di valutazione e anche grazie al rafforzamento della nostra posizione in Eldorado Gold in Turchia. ll tema dell’innovazione è stato privilegiato (8,6% del patrimonio), mentre le risorse naturali sono state lievemente ridotte (19,6%)

Le posizioni in obbligazioni corporate sono passate al 26% degli asset di Carmignac Patrimoine.

Abbiamo incrementato le posizioni in obbligazioni corporate, poiché l’intervento concomitante della BCE e della FED ha favorito doppiamente le strategie di carry trade, da un lato migliorando la visibilità sull’attività globale e dall’altro riducendo notevolmente l’offerta di obbligazioni nel mercato statunitense. In base alle nostre previsioni complessivamente positive sui titoli obbligazionari corporate, abbiamo concentrato i nostri acquisti nel settore finanziario europeo, particolarmente scontato. Le nostre riserve su questo settore non si sono però completamente dissipate. Abbiamo quindi concentrato le acquisizioni sulle scadenze interessate dagli interventi della Banca Centrale Europea. Deteniamo pertanto un’esposizione alle obbligazioni bancarie spagnole e italiane con scadenze inferiori a 3 anni, emesse dagli istituti più solidi e principalmente sotto forma di debiti senior con alto rating. Tali posizioni rappresentano quasi il 6% degli asset di Carmignac Patrimoine.

Il segmento Titoli di Stato dei paesi sviluppati è stato lievemente incrementato

Il segmento Titoli di Stato dei paesi sviluppati è stato lievemente incrementato, passando dall’11,6% al 14,7% degli asset. I titoli di Stato sono rimasti complessivamente stabili nel corso del terzo trimestre, nonostante la netta diminuzione del rischio sistemico. Abbiamo effettuato prese di profitto sui titoli di Stato tedeschi e optato, da questo momento, per una gestione più tattica. Conserviamo invece il 14% di obbligazioni del Tesoro statunitense.

Gli investimenti nei Titoli di Stato dei paesi emergenti sono stati rafforzati

Il segmento Titoli di Stato dei paesi emergenti è stato lievemente incrementato, passando dal 3,1% al 4,3 %. Il rallentamento economico produce i suoi effetti anche sulle economie emergenti, portando a politiche dei tassi più accomodanti. In funzione dei paesi, abbiamo adottato un posizionamento differenziato sulla curva dei tassi a seconda del ciclo di politica monetaria. Il rischio di cambio associato a queste posizioni è stato coperto contro l’euro.

Abbiamo riequilibrato l’esposizione a favore dell’euro, pur mantenendo la componente dollaro del portafoglio

L’esposizione all’euro è stata rafforzata, in base alla strategia legata alla diminuzione del rischio europeo, ma anche tenendo conto dell’aggressività della politica monetaria statunitense e del suo effetto sul dollaro. Anche se in netta diminuzione, manteniamo un’esposizione significativa al dollaro, perché bilancia il rischio del portafoglio a fronte di un’esposizione azionaria portata al massimo, includendo nel contempo un’allocazione settoriale a favore dei titoli di crescita, nonché una selezione di banche europee.

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