La settimana che porta a Ferragosto inizia con le Borse fiacche ma stavolta non è per il clima vacanziero. Anzi, quello di quest’anno sarà un Ferragosto di fuoco, con l’incontro tra Donald Trump e Vladimir Putin previsto in Alaska proprio nella giornata di venerdì, nel bel mezzo della bagarre sui dazi, che proprio in questi giorni stanno prendendo inizio o sono in fase di trattativa. In questo contesto Piazza Affari, reduce da una settimana più che positiva col record da luglio 2007, perde qualcosa ma difende comodamente i 41.000 punti. Il peggior titolo è Buzzi che perde il 2,6%, mentre spiccano in netta controtendenza Unipol +3%, Telecom Italia +2,8% e Recordati +1,7%. Lo spread Btp-Bund è in lieve riduzione in zona 81 punti, con il rendimento del Btp decennale sul 3,51%.
Si indebolisce l’euro sul dollaro Usa, scendendo sotto quota 1,16. Nervosi in apertura i listini statunitensi, anche loro in attesa degli sviluppi geopolitici, con l’S&P 500 sostanzialmente sulla parità mentre il Dow Jones scivola in territorio negativo: a metà seduta perde lo 0,4%. A New York sono da segnalare il rally di Intel, il produttore di microchip che nel pomeriggio italiano guadagnava oltre il 4%, e anche il nuovo spunto rialzista per la Tesla di Elon Musk, che sale di oltre il 3% poco prima della chiusura delle Borse europee. A proposito di vecchio continente, bene Londra +0,35% dopo una settimana difficile, con la Bank of England che finalmente decide, anche se con voto non unanime, di tagliare i tassi di interesse al 4% per stimolare la crescita economica. Fanno invece peggio di Milano sia Parigi -0,6% che Francoforte -0,4%.
Oro, petrolio e Bitcoin
C’era attesa per l’oro, dopo il record della settimana scorsa, ma la settimana inizia male, con una caduta di oltre l’1% in area 3.360 dollari l’oncia. Prosegue invece la tendenza rialzista del petrolio, con il Light Sweet Crude Oil che mostra un rialzo dello 0,49%, dopo che Trump ha minacciato l’India di raddoppiare i dazi al 50% se continuerà a comprare greggio dalla Russia, di fatto foraggiando l’invasione in Ucraina. Mentre Nuova Dehli studia il da farsi, Mosca si è immediatamente rivolta all’altro grande alleato, la Cina, offrendo petrolio a prezzo di saldo, ma in generale gli analisti immaginano uno scenario di prezzi più alti, in tempi di dazi e di maggiori difficoltà negli acquisti. Oggi è stato il giorno del Bitcoin, che si è aggirato sui suoi massimi storici sopra i 123.000 dollari. La principale criptovaluta sta registrando un rialzo di circa il 30% quest’anno, soprattutto da quando il presidente americano Trump ha iniziato a favorire sempre di più il mercato delle monete virtuali. Ad esempio la settimana scorsa ha dato il via libera alla possibilità per i lavoratori di investire in Bitcoin e in altri asset alternativi i loro fondi pensione.
Il caso della soia dopo il post di Trump
Il presidente Usa, infine, oggi ha condizionato anche le quotazioni della soia alla Borsa di Chicago. La materia prima agroalimentare, di cui la Cina è primo importatore mondiale e ne importa un quarto del totale proprio dagli Stati Uniti, ha iniziato il lunedì guadagnando oltre il 2% e superando i 10 dollari, dopo che Trump aveva chiesto – tramite un post su Truth – a Pechino di quadruplicare gli acquisti di soia dagli Usa. Il tutto a due giorni dall’entrata in vigore dei dazi tra i due Paesi, e dopo che i cinesi si sono detti preoccupati per la diponibilità insufficiente di soia, commodity indispensabile per sostenere il sistema alimentare di un Paese da 1,4 miliardi di abitanti. La domanda cinese infatti aumenta esponenzialmente di anno in anno ed è pari a circa 120 milioni di tonnellate, di cui solo un sesto vengono prodotte internamente. Per il 75% Pechino si rivolge al Brasile, ma ora Washington vorrebbe inserirsi in questo meccanismo, e come al solito a suon di minacce e tweet.