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Borsa: vendite allo scoperto vietate per tre mesi

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Una decisione che non ha precedenti per una situazione senza precedenti. La Consob ha vietato le vendite allo scoperto su Piazza Affari da oggi, 18 marzo, e per i prossimi tre mesi per cercare di contenere le ripercussioni dell’emergenza coronavirus sulla Borsa. Solo nell’ultimo mese infatti, il Ftse Mib ha perso quasi il 40% del suo valore (dal 17 febbraio, -39,65% per la precisione), scendendo da oltre 25mila a 15.159 punti.

Dopo lo stop imposto nella seduta del 13 marzo e la perdita storica registrata il 17 marzo, l’Autorità di vigilanza fa una scelta ancora più perentoria e “vieta ogni forma di operazione speculativa ribassista, anche effettuata tramite derivati o altri strumenti finanziari”, ma anche le operazioni ribassiste intraday. 

“La decisione di applicare misure restrittive sull’intero listino, spiega la Commissione, è stata adottata con l’obiettivo di ripristinare l’integrità del mercato, anche alla luce delle misure eccezionali sulle vendite allo scoperto adottate nei giorni scorsi dall’Esma e dalle autorità di vigilanza di Spagna, Francia e Belgio”.

Da sottolineare che anche l’Amf, l’Autorità francese dei mercati finanziari, ha annunciato il 17 marzo lo stop per un mese delle posizioni corte, e quindi di tutte le vendite allo scoperto sul listino di Parigi, a partire dal 18 marzo. L’Amf “ha deciso di interdire con effetto immediato tutte le posizioni corte” si legge nel comunicato “dalla mezzanotte del 18 marzo fino alla mezzanotte del 16 aprile”. Stessa decisione e stessa tempistica è stata stabilita lunedì dalla Comision Nacional del Mercado de Valores spagnola. 

Tornando in Italia, la Consob fa sapere che la delibera ha effetto sulle 48 società quotate al mercato telematico azionario di Borsa Italiana, individuate secondo una griglia di criteri che fa riferimento ad una capitalizzazione superiore ai 500 milioni di euro e agli assetti proprietari (sono escluse le società controllate di diritto). La nuova soglia è fissata all’1% per le società non Pmi e al 3% per le Pmi. 

Ecco l’elenco delle società l’elenco per cui vige l’obbligo di trasparenza rafforzata:

Tra le non Pmi vige l’obbligo di dichiarare partecipazioni superiori all’1% per: A2a, Anima Holding, Assicurazioni Generali, Astm, Atlantia, Azimut, Banca Mediolanum, Banca Popolare di Sondrio, Banco Bpm, Bper, Cerved, Enel, Eni, Finecobank, Hera, Interpump, Intesa Sanpaolo, Iren, Italgas, Italmobiliare, Leonardo, Mediaset, Mediobanca, Moncler, Prysmian, Reply, Saipem, Salini Impregilo, SanLorenzo, Saras, Snam, Società Cattolica di Assicurazione, Telecom Italia, Terna, Unicredit, Ubi Banca, Unipol.

Per le Pmi vige l’obbligo di dichiarare partecipazioni superiori al 3% per: Banca Farmafactoring, Carel Industries, Dovalue, El.En, Mutuionline, Igd, Ilimity Bank, Rcs Mediagroup, Tamburi Investment Partners.

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