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Borsa, la rivincita delle banche spinte da M&A e dividendi

I primi quattro titoli dell’indice di Milano appartengono stamane al comparto bancario: dietro Unicredit +2,09% (da inizio anno +42%) corrono Banco Bpm +1,51%, Intesa Sanpaolo +1,24% e Mediobanca. Non di solo risiko, insomma, è fatto il rimbalzo del mondo del credito, il più effervescente in un quadro debole, frenato dalle indicazioni al rialzo dei tassi emerso dalla riunione della Fed. Al contrario, i pur cauti segnali di tensione sul fronte del costo del denaro si sono tradotti in un incentivo al rialzo anche per le banche del Vecchio Continente, su del 2,2% a fronte di uno scenario molto favorevole. Anche in Europa, infatti, le autorità stanno alzando le stime di crescita dell’economia, niente più di un rimbalzo, come rilevato dal ministro Daniele Franco, ma comunque positivo dopo anni orribili alleviati solo dai ristori di Stato. 

Certo, il panorama dei tassi è ben diverso su questa sponda dell’Atlantico.  La BCE si è affrettata ad attenuare le aspettative di rialzo dei tassi in Europa per bocca del suo capo economista Philip Lane. La colomba prediletta da Mario Draghi. E’ ancora prematuro e non necessario discutere sulla fine del programma di emergenza di acquisto di titoli da parte della Bce, ha detto, aggiungendo che mancano ancora molti dati prima dell’importante meeting di settembre. Parlando a Bloomberg TV, Lane ha spiegato che la Bce non ha un approccio con un volume determinato per gli acquisti nell’ambito del programma Pepp da 1,85 mila miliardi di euro.

Ma a favore di un rally depongono diversi fattori. Primo, a sostenere le quotazioni dei titoli bancari europei c’è la prospettiva che la Banca Centrale Europea dia il via libera, il prossimo 23 luglio, alla distribuzione di dividendi e agli acquisti di azioni proprie (buyback) se verranno rispettati i parametri di solidità patrimoniale, circostanza credibile in un clima di ripersa generale per l’economia. Secondo, dopo anni difficili, , il settore bancario europeo è scambiato a valori contenuti con un P/E medio di 21volte e a un Dividend/Yield medio a 1,70% (prima di ogni eventuale futura decisione della BCE sui dividendi). In Italia, in particolare, le quotazioni degli istituti restano sotto al valore di libro: Intesa Sanpaolo e Mediobanca valgono 0,8 circa il patrimonio netto, Unicredit, Banco Bpm e Bper non vanno oltre le 0,4 volte il valore di libro.

Il terzo fattore di rialzo è legato alla prossima onda di M&A, in pratica inevitabile dopo l’opas di Intesa su Ubi e del Crédit Agricole su Creval. Gli analisti, infatti, concordano: le aggregazioni sono fondamentali per sopravvivere in un quadro estremamente competitivo, dove i Big possono investire cifre colossali (11 miliardi di dollari la sola JP Morgan) in tecnologia. In questo quadro è probabile che aumenti la pressione nei confronti degli istituti più deboli, da Mps e Carige fino al mondo delle Bcc e degli istituti dalla taglia limitata.

Da mesi gli analisti stanno studiando tutte le potenziali operazioni. Kepler Cheuvreux, ad esempio, ipotizza undici possibili combinazioni, tra cui, gli accordi ritenuti in grado di accrescere valore sarebbero quelli tra Banco Bpm e Bper da un lato e Unicredit-Mps dall’altro, con eventuale inclusione di Carige. Ma prima che scatti la grande corsa si dovranno superare diversi stadi:  la fine delle moratorie (al momento prevista a fine giugno), gli stress test condotti dall’Eba attesi entro luglio (e che coinvolgono Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banco Bpm e Mps) e le svolte societarie, come la trasformazione di Pop. Sondrio in Spa che potrebbe coincidere con l’affondo del gruppo Unipol interessato a rafforzare Bper prima delle nozze con Bpm.

Il bancassurance, del resto, appare assieme al gestito come uno dei driver vincenti in questa fase di mercato, comunque segnata da tassi bassi (o negativi) e margine di interesse sotto pressione.  Per questo motivo sono apprezzate le commissioni stabili e ricche (forse troppo) in arrivo dalla clientela più liquida che mai: di qui il successo del risparmio gestito,  un mondo caratterizzato da forti economie di scala ed elevati costi fissi, l’ideale per creare sinergie in operazioni di fusione.

Attenzione perciò ad Anima (partecipata al 19,4% da Banco Bpm e al 10% da Poste Italiane) e Arca sgr (controllata al 57% da Bper e partecipata al 34% da Pop. Sondrio). Ma anche a FinecoBank, che, dopo l’uscita di Unicredit, è diventata una public company completamente contendibile.

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