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Bitcoin, tutti i segreti della sua inarrestabile ascesa

Pixabay

C’è chi non si accontenta mai: Howard Morgan, il miliardario  che siede ai vertici di Renaissance Tech, hedge fund che quest’anno vanta performance a doppia cifra, è un buon esempio: ”Quest’anno avrei potuto guadagnare assai di più con le criptovalute che con il digitale”. Però, in un momento di pudore aggiunge: ”Ma ho dormito sonni assai più tranquilli”.

 Morgan è tra i fortunati che hanno sfruttato appieno la riscossa del Bitcoin che, da una valutazione attorno ai 5 mila dollari a marzo agli inizi della pandemia (4.944 dollari il giorno 6), ha più che triplicato di prezzo fino a trattare stamane attorno a 15.400 dollari, in lieve flessione rispetto ad inizio settimana, ma comunque su del 60% abbondante da metà ottobre. 

Un’ascesa spettacolare che tra le varie motivazioni deve molto alla decisione di Paypal, il sistema di pagamenti virtuale messo a punto da Peter Thiel e dall’allora giovanissimo Elon Musk  di aprire le porte all’utilizzo di Bitcoin ( e di Ethereum) da parte dei 345 milioni di utenti del sistema che ora possono  saldare gli acquisti di merci e servizi (26 milioni di prodotti) ma anche per effettuare depositi in moneta virtuale. 

Un salto di qualità che avvicina il Bitcoin agli altri beni rifugio, oro compreso. Anzi, secondo JP Morgan, il bitcoin ha le carte in regola per fare concorrenza al metallo giallo già nel prossimo futuro “grazie – si legge in una nota – all’ingresso sul mercato di una nuova generazione di investitori”. 

Una promozione che arriva tre anni dopo la bocciatura da parte di Jamie Dimon, il numero uno della banca, che aveva definito il bitcoin una truffa bell’e buona”, un’opinione che, del resto, è ancora ben diffusa per un paio di ragioni: primo, la reputazione dark delle valute elettroniche, strumento adottato dalla malavita internazionale e veicolo  di non poche truffe specie in Oriente; la grande volatilità delle quotazioni che hanno registrato nei momenti di maggior turbolenza perdite del 40-50% assai superiori a quelle dell’oro. 

Ma molte cose sono cambiate nel Far West delle valute virtuali. Innanzitutto la promozione all’interno dei listini azionari, non solo circuiti privati.   Ormai i prodotti delle criptovalute figurano nelle piattaforme dell’Ice, il colosso di Chicago che controlla il New York Stock Exchange mentre i derivati vengono scambiati al Nasdaq, circostanze che hanno aumentato la credibilità del sistema che conta ormai, specie tra i ricchi, una clientela fedele che ne apprezza le virtù. Non a caso la massima densità di istituzioni legate al Bitcoin si registra nel cantone di Zug, il più generoso sul piano fiscale della Confederazione Elvetica. 

Ma l’ulteriore, decisivo salto di qualità avverrà con la promozione delle banche centrali, pronte a cavalcare il fenomeno e a condividerne i vantaggi, senza perdere il controllo della moneta.  Il 12 ottobre è partita, sotto la guida di Fabio Panetta membro del board della Banca centrale europea, la consultazione presso gli operatori per verificare la fattibilità dell’operazione. Dopodiché, se la strada si rivelerà praticabile, l’Eurotower si prenderà almeno un anno per organizzare l’operazione. «L’euro digitale – ha  detto Panetta – renderebbe la nostra moneta più appetibile, accrescendone il ruolo di valuta globale e rafforzando il sistema finanziario europeo”.

 A quel punto basterà una App, una tessera tipo quella sanitaria o un token che genera un codice irripetibile come le chiavette per caricare gli euro digitali, come si fa con il Bancomat o una carta prepagata, con un importo massimo predefinito dotato della stessa validità dei contanti e spendibile presso qualunque esercizio abilitato. 

Il sistema è definito dalla Bce con l’ossimoro “digital offline”: si usa il bluetooth o un simile software esterno al web. Non occorrerà un conto in banca o una carta di credito, ma basterà aprire un conto di nuova generazione, gratuito e digitale, presso la banca centrale che acquisirà così un controllo diretto della disponibilità del sistema, con ricadute rilevanti per la politica monetaria. 

Sarà quella che Alessandro Fugnoli ha già definito “l’arma nucleare reflazionistica del prossimo futuro”, la  moneta digitale emessa direttamente dalle banche centrali talmente potente da essere circondata da mille cautele, come del resto è consigliabile fare con il Bitcoin lanciato, secondo gli esperti, a conquistare presto quota 20.000 dollari. E poi, chissà.

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