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Banca Generali: 10 anni di Borsa con un total return del 300%

Banca Generali festeggia i dieci anni di quotazione in Borsa con Alessandro Del Piero e Davide Oldani, due campioni, ciascuno nel suo campo, che non hanno bisogno di presentazioni e che ben simboleggiano il talento, le capacità, la forza necessaria per arrivare al top.

Nel corso dell’evento organizzato nella sempre affascinante cornice di Palazzo Mezzanotte, l’istituto del Leone dimostra però di aver vinto la sua partita soprattutto grazie ai numeri. Cifre significative per una banca che è riuscita a rafforzarsi ed espandersi superando momenti di crisi che hanno messo in ginocchio la finanza mondiale, dal tracollo di Lehman Brothers alla grande recessione che negli ultimi anni ha messo in difficoltà gran parte delle banche nostrane.

Eppure, grazie alla strategia improntata dal compianto Piermario Motta e perpetrata dall’attuale direttore generale Gian Maria Mossa, Banca Generali è riuscita a distinguersi nel panorama finanziario nazionale e internazionale, a contribuire alla rivalutazione del brand Generali diventando, come sottolineato dall’attuale presidente delle Assicurazioni Generali, Gabriele Galateri, “un punto di riferimento nel mercato del risparmio”, posizionandosi come primo istituto private.

Ma per descrivere come sono andati questi 10 anni trascorsi alla Borsa di Milano bastano pochi dati. Dal giorno del suo debutto, il valore delle azioni è cresciuto dagli 8 ai 21,28 euro della chiusura di ieri, una performance che ha consentito alla società di accrescere la propria capitalizzazione fino a 2,481 miliardi di euro (Banca Generali è il sesto istituto in Italia in termini di capitalizzazione), oltre due volte e mezzo il livello iniziale. A godere di questi successi sono stati anche soprattutto gli azionisti che hanno potuto contare su un guadagno del 302% in termini di total return (che comprende i dividendi). Le cedole sono ammontate complessivamente a 655 milioni di euro. Cifre in base alle quali, l’istituto guidato da Mossa si è posizionato al primo posto in Italia in termini di dividendo, salito da 0,18 euro del 2006 a 1,20 per azione nel 2015.

Difficile dunque, in base a quanto appena riportato, non dar ragione al presidente della banca Gianfranco Fancel, quando dice che “i numeri sono il miglior biglietto da visita di Banca Generali”.

“Abbiamo tracciato un percorso con determinazione – ha aggiunto Fancel – Abbiamo condiviso un progetto e seguito un percorso non semplice se pensiamo che in questi dieci anni abbiamo attraversato il 2008 e il 2011. Ma sempre ci siamo mossi spinti dalla logica di creare valore per la Banca, per gli azionisti, per i clienti”.

Confermano la decennale ascesa della Banca anche i dati riguardanti i principali indicatori forniti nel corso dell’evento dal dg Mossa e dai due vice direttori generali, Stefano Grassi e Andrea Ragaini.

Ad impressionare è soprattutto la crescita delle masse gestite che, nel corso di un decennio, sono passate da 17, a 45,4 miliardi. Nei 9 mesi del 2016, il rialzo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è stato del 15% contro una media Assoreti del 3,5%. Gli utili sono invece saliti dagli 1,7 milioni del 2005 ai 118 milioni dei 9 mesi dell’anno in corso. Nel mese di ottobre, la raccolta ha raggiunto un livello massimo, aumentando del 36% a 4,5 miliardi di euro, una cifra che con ogni probabilità consentirà all’istituto del Leone di portare a casa il miglior risultato della sua storia dopo il record dello scorso anno.

Il bilancio non può dunque essere che positivo. Come evidenzia Gian Maria Mossa, in dieci anni “la banca ha cambiato volto divenendo prima un punto di riferimento nella consulenza finanziaria e poi una protagonista nel private banking per innovazione e qualita` delle soluzioni a disposizione delle famiglie. La solidità e capacità di crescita del nostro modello di business, con il ruolo dei consulenti e private banker centrale, ci proiettano verso nuovi traguardi ancor più ambiziosi”.

Parlando proprio dei consulenti, attualmente il loro numero è pari a circa 1.800 persone, che gestiscono un patrimonio medio pro capite superiore ai 25 milioni “nettamente superiore – sottolinea il numero uno della banca del Leone –  alla media di Assoreti, ferma a 15 milioni. Un dato che dimostra che ormai siamo a tutti gli effetti una banca private”.

“Non a caso – prosegue Mossa – oggi circa 18.000 clienti vantano asset medi vicini ai 2 milioni di euro. Il doppio rispetto a quanto si registrava nel 2012. Ormai siamo tra le prime 5 banche private del Paese”.

Nonostante i traguardi già raggiunti, anche grazie all’impegno di Piermario Motta, al quale sarà dedicata una Fondazione volta a finanziare la ricerca scientifica in campo oncologico, Banca Generali non ha intenzione di fermarsi e punta a un target di masse gestite “oltre i 70 miliardi di euro” nel 2021 dai 45,3 miliardi dei primi nove mesi del 2016.

Un eccesso di di ottimismo? Secondo l’attuale dg assolutamente no: “È un obiettivo ragionevole tra 5 anni, se i mercati ci danno una mano”.

Per quanto riguarda il breve periodo, Mossa stima per il 2016 una raccolta netta superiore ai 5 miliardi, mentre per il 2017 la prudenza è d’obbligo: “Come obiettivo minimo partiamo sempre da 3 miliardi. Poi vedremo. Dipenderà molto dal mercato. Il trend sta funzionando molto bene e in funzione di quello che succede, con le crisi delle banche tradizionali, potrebbero esserci dei numeri molto forti per tutto il nostro settore”, conclude il direttore generale, augurandosi  “la normalizzazione dell’Italia e il risanamento delle banche”.

Alla fine della conferenza, interrogato dai giornalisti, Mossa ha risposto alle domande relative all’impatto che il referendum costituzionale indetto per il 4 dicembre potrebbe avere sul mercato: “Il referendum è uno spartiacque veramente molto importante che la gente sottovaluta. Gli operatori esteri a questo giro ci stanno aspettando al varco”.

“Ho fatto diversi incontri con investitori internazionali e il tema è solo quello, il referendum”, spiega il dg a margine del convegno. “Ad essere messa in discussione è la capacità di fare riforme. Se al primo tentativo non passa, a prescindere dai contenuti e dalla correttezza o meno della riforma, vuol dire che c’è immobilismo. E un Paese come il nostro, con un sistema bancario in profonda crisi, ha bisogno di tutto tranne che di immobilismo”, sottolinea Mossa. “L’aumento dello spread a 170-180 che si è visto negli ultimi giorni è un sintomo di preoccupazione”.

Infine, un breve commento su Fineco: “Si è guardato il dossier Fineco, come lo hanno guardato in tanti, ma senza dare nessun mandato formale e ci siamo fermati subito”.

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