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La Superlega si sfarina: anche Agnelli getta la spugna

Clamoroso dietrofront dell’Inter e di Manchester City e United, del Chelsea, del Liverpool, dell’Arsenal e del Tottenham, che si sfilano dalla SuperLega: il progetto non esiste più. Anche Agnelli getta la spugna: “Non si può fare un torneo in 6”. E la Juventus precipita in Borsa

La Superlega si sfarina: anche Agnelli getta la spugna

La Superlega non esiste più. A darle il colpo di grazia, al termine di una giornata frenetica come non mai, le squadre inglesi, uscite ufficialmente, una dopo l’altra, con tanto di scuse ai propri tifosi. Il primo dietrofront lo ha fatto il Manchester City alle 22.20, con un comunicato sul suo sito, dopodiché si sono aggiunte Liverpool, Arsenal, Tottenham, Manchester United e Chelsea. L’Inghilterra dunque lascia in blocco, mettendo i club rimasti con le spalle al muro: a questo punto, per evidenti motivi, parlare di Superlega non ha più senso.

Dopo la defezione delle inglesi, l’Inter ha fatto sapere di non essere più interessata al progetto SuperLega. Non solo: anche Barcellona e Atletico Madrid, pur non avendo ancora espresso ufficialmente la propria posizione, sembrano sul punto di lasciare, travolte dai dubbi, dalle critiche, dalla paura di aver fatto un passo troppo avventato.

Restano così i “duri e puri”, ovvero Real Madrid, Juventus e Milan, anche se il loro potere, alla luce dei fatti si è squagliato come neve al sole. Tant’è vero che lo stesso Andrea Agnelli, presidente della Juventus e vicepresidente della Super League, ha ammesso a Reuters che il progetto è di fatto abortito: “Il progetto non può andare avanti. Resto convinto della sua bontà, ma non si può fare un torneo a sei squadre”.

In Borsa è il giorno del tracollo: precipita la Juventus (- 13,35% a 0,756 euro) che, a Milano, si rimangia il balzo in avanti di lunedì, subito dopo l’annuncio della SuperLega. E perde quota a New York il Manchester United che martedì sera ha chiuso a -6,03% e minaccia di fare altrettanto al premercato di oggi.

Hanno vinto Fifa e Uefa, su questo non c’è dubbio, sostenute in blocco dai politici, Boris Johnson e Macron in testa, ma anche da milioni di tifosi, compatti e furibondi come mai prima d’ora. I club in questione, pur con tutto il loro potere, sono stati travolti: dalle minacce delle istituzioni sportive, dalle parole dei loro stessi tesserati, dai gesti dimostrativi dei fan.

La prima picconata è arrivata dal presidente della Fifa Gianni Infantino, le cui parole non hanno lasciato spazio ad alcuna interpretazione. “Voglio essere estremamente chiaro: come Fifa condanniamo fortemente la creazione di una Superlega, un qualcosa di chiuso, una fuga dalle istituzioni calcistiche, chi vuole andare ne pagherà le conseguenze – il commento categorico espresso al congresso Uefa di Montreaux – Se alcuni scelgono di andare per la loro strada, devono accettarne le conseguenze, sono responsabili delle proprie scelte. Concretamente, questo vuol dire che o sei dentro o sei fuori”.

Nessuno spazio per trattare, né tantomeno per tenere il piede in due scarpe, a costo di arrivare a decisioni clamorose come escludere le “magnifiche 12” dai rispettivi campionati e i loro giocatori dalle Nazionali. Scenario, è giusto sottolinearlo, tutto da dimostrare, perché l’Antitrust europeo, come ricordato da Gianni Petrucci (che nel 2000 subì la spaccatura del basket, con conseguente creazione dell’Eurolega), non prevede questo tipo di sanzioni per delle società private (cosa ribadita anche ieri dal tribunale di Madrid).

Ma le inglesi hanno ritenuto che tutto ciò fosse abbastanza, tanto più dopo l’intervento delle istituzioni politiche, da Boris Johnson al principe William, quasi che la partecipazione alla Superlega, nonostante i (tantissimi) milioni promessi, rischiasse di trasformarsi in un clamoroso autogol. E così nel pomeriggio, mentre Florentino Perez faceva la voce grossa (“non ho paura che qualcuno si ritiri”) e Andrea Agnelli rilasciava interviste a Repubblica e al Corriere dello Sport per spiegare i benefici del torneo, Manchester City, United, Arsenal, Tottenham, Liverpool e Chelsea preparavano il dietrofront.

In serata, mentre la “Brexit della Superlega” diventava realtà, anche Barcellona e Atletico Madrid facevano trasparire i propri dubbi, rendendo necessaria una riunione d’urgenza tra tutti i club in questione. Alle 22.30, dieci minuti dopo il comunicato ufficiale del City che annunciava l’addio al progetto, gli undici rimasti si collegavano per guardarsi in faccia e decidere il da farsi.

Non c’è stato molto da dirsi, perché un’ora dopo le altre inglesi comunicavano sui rispettivi profili social di averci ripensato, arrivando addirittura a scusarsi (è il caso dell’Arsenal) per la mossa fatta. Il resto del castello, quasi certamente, crollerà oggi, anche se Juve e Milan, almeno ufficialmente, non hanno ancora preso una posizione.

Una Superlega a 12 (Bayern Monaco, Borussia Dortmund e Psg non hanno mai aderito) era già un azzardo, una a 5 (Real Madrid, Barcellona Atletico Madrid, Juventus e Milan), semplicemente, non esiste. I club in questione, dunque, tornano indietro con la coda fra le gambe e tanti lividi (per fortuna metaforici, anche se le proteste prima di Chelsea-Brighton hanno rischiato di degenerare) in più, rafforzando la leadership di Fifa e Uefa, almeno all’apparenza.

Perché la creazione della Superlega, azzardata quanto si vuole, ha comunque scosso il calcio nelle fondamenta, ribadendo alle istituzioni la necessità di rivedere formule e compensi delle coppe europee. Secondo RmcSport, Ceferin, al di là delle dichiarazioni pubbliche, starebbe pensando a una nuova Champions, che grazie a un fondo inglese potrebbe portare ai club la bellezza di sette miliardi di euro, il doppio di quanto JP Morgan aveva stanziato per la Superlega. Florentino Perez e Andrea Agnelli, se fosse vero, potrebbero finire per accettare di buon grado anche una brutta figura come questa…

(Aggiornato alle 13:51 di mercoledì 21 aprile 2021)

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