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Ilva, dove taglierà Arcelor per rispettare l’Antitrust?

Con l’aggiudicazione dell’impianto Ilva di Taranto alla cordata Arcelor-Marcegaglia-Intesa Sanpaolo si chiude un capitolo molto importante e si apre una nuova pagina per la siderurgia italiana ma resta aperto un interrogativo: dove taglierà il gruppo guidato da Mittal per rispettare le condizioni fissate dall’Antitrust europeo per evitare posizioni dominanti nell’acciaio?

Ilva, dove taglierà Arcelor per rispettare l’Antitrust?

Con una offerta intorno ai due miliardi di euro Arcelor-Mittal (in alleanza con il Gruppo Marcegaglia e con Intesa Sanpaolo) si è aggiudicato l’acciaio dell’Ilva che ha in Taranto il suo asset principale. Nei giorni scorsi il comunicato della Commissione Europea che sottolineava la sua rinnovata attenzione verso posizioni dominanti nei settori industriali sembrava un nuovo ostacolo alla soluzione e un messaggio indiretto per il più grande produttore europeo e un gigante mondiale a fianco ai soli cinesi.  E’ chiaro che il gruppo guidato da Mittal ha valutato fino in fondo le conseguenze della acquisizione italiana sui livelli produttivi dei suoi numerosi impianti disseminati in tutta Europa con capacità in grado di determinare una predominanza assoluto dai coils alle bramme, dagli accai speciali ai prodotti lunghi, dai forgiati al trading. Il che significa una posizione strategica di fornitore determinante nell’industria automobilistica, in quella meccanica, nelle infrastrutture, nell’energia e  nell’edilizia.

Dove taglierà i quasi 5 milioni di tonnellate che, sommati alla capacità di Taranto, rischiano di far uscire il Gruppo dalla soglia oltre la quale scatterebbero le pesanti sanzioni comunitarie? Arcelor-Mittal è presente in quasi tutti i paesi europei dalla Francia alla Polonia, dall’Italia alla Germania, dalla Spagna al Belgio e nell’Est del continente. Dove e quando metterà mano agli inevitabili tagli? Nel momento in cui le aziende siderurgiche europee (soprattutto italiane) hanno spinto la Commissione ad aprire un dossier sull’import cinese di acciaio è difficile pensare che l’Autorità europea possa far finta di nulla sull’allargamento delle  capacità produttive di Mittal di  otto-dieci milioni di tonnellate.

La gara per gli impianti Ilva di Taranto, l’ammontare miliardario dell’offerta economica, l’attenzione portata anche dalla cordata Jindal-Arvedi e Del Vecchio, rendono giustizia a quanti hanno creduto e lavorato per la sopravvivenza dell’impianto pugliese e per il suo rilancio. Ottimo è stato il lavoro dei Commissari e va dato merito alla lungimiranza e tenacia del Governo nel contrastare le illusorie prospettive indicate dai detrattori del sito tarantino unite alle rigidità giuridiche delle Procure che, più di una volta, hanno rappresentato l’ostacolo quasi insormontabile frapposto ad una positiva conclusione della delicata vicenda. Con il maxi-risarcimento versato dagli eredi di Emilio Riva si chiude definitivamente la più dura crisi industriale degli ultimi anni. Nell’acciaio rimane aperto il problema di Piombino che, per dimensione e complessità, è piccola cosa rispetto al caso di Taranto.

“E’ singolare – scrive in una nota il segretario generale di Fim Cisl Marco Bentivogli – ricevere la tanto attesa convocazione dell’incontro per il confronto relativo ai due piani industriali contenuti nelle offerte per le due cordate per l’acquisizione di Ilva e contestualmente leggere che l’aggiudicazione a una delle due cordate in realtà è già avvenuta. Ci auguriamo che il ministro Carlo Calenda smentisca al più presto queste indiscrezioni soprattutto per rendere credibile l’incontro previsto per martedì. Un conto è avere un orientamento, altro sarebbe avere già deciso. Ricordiamo che, per noi, accanto al valore dell’offerta e a un maggiore o minore ruolo della cassa depositi e prestiti, restano prioritari la capacità di investimento tecnologico per la  sostenibilità ambientale e il rilancio competitivo al fine della salvaguardia occupazionale”.

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