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Benessere sul lavoro: non è impossibile ma l’Italia è indietro

Secondo uno studio di Gallup, in Italia quasi un lavoratore dipendente su tre è talmente infelice sul posto di lavoro da “remare contro” – Ma le aziende che fanno stare bene i loro dipendenti producono il 17% in più.

Benessere sul lavoro: non è impossibile ma l’Italia è indietro

In Italia quasi un lavoratore dipendente su tre è talmente infelice sul posto di lavoro da “remare contro”, mentre solo un impiegato su 20 si sente pienamente valorizzato e coinvolto in ufficio. Il dato è della società di analisi e consulenza statunitense Gallup e se ne è parlato al Muse di Trento in occasione dell’evento “Well-being sul lavoro”, organizzato dalla startup trentina UpSens, specializzata nella progettazione sensoristica per il monitoraggio della qualità dell’aria, uno degli aspetti spesso sottovalutati del benessere domestico e dei luoghi di lavoro.

Al centro del dibattito, al quale è intervenuto anche Elica, gruppo leader mondiale nella produzione di cappe aspiranti da cucina, il benessere in azienda come fattore per valorizzare le competenze dei collaboratori, sostenere la produttività e la creatività. E il dato italiano è impietoso, persino peggiore di quello dell’Europa occidentale, dove “solo” il 19% dei dipendenti risulta attivamente “disengaged”, a fronte di un dipendente su 10 che è del tutto partecipe e di un 71% di impiegati che vanno in ufficio passivamente (in Italia sono il 64%).

A sua volta, il dato europeo è quasi il peggiore al mondo, davanti solo all’Estremo Oriente, mentre ad esempio negli Usa e in Canada quasi un dipendente su tre è “engaged” e solo il 17% “rema contro”. E’ positivo anche il riscontro dell’America Latina, al di là delle crisi economiche e delle situazioni di povertà che sono esplose proprio nelle ultime settimane, mentre persino nell’Africa sub-sahariana e nel Sud-Est asiatico i lavoratori sono meno “malmostosi” di quelli dei Paesi dell’Europa occidentale, Italia in primis.

Si salvano, in Europa, solo i Paesi nordici: in Norvegia e Islanda solo l’8% degli impiegati è così scontento della propria situazione professionale, ma già in Spagna sono il 15% la metà che in Italia. Ma quanto costa ad un’azienda e dunque al sistema produttivo avere lavoratori che vanno in ufficio controvoglia? Sempre secondo lo studio di Gallup, illustrato dalla docente dell’università di Trento Maria Laura Frigotto, le aziende con lavoratori felici e coinvolti nel progetto producono il 17% in più, vendono il 20% in più e hanno il +21% di profittabilità.

Inoltre, registrano il 41% in meno di casi di assenteismo, il 28% in meno di abbandoni, il 70% in meno di incidenti dei dipendenti, il 40% in meno di difetti di produzione. Che cosa significa well-being oggi e come si fa? Prima di tutto, attraverso la cosiddetta worklife balance e dunque nuovi strumenti come il welfare aziendale o lo smart working, che in Italia secondo i recenti dati del Politecnico di Milano cresce ma stenta a decollare: i dati dell’Osservatore dell’ateneo milanese dicono che solo il 12% delle Pmi italiane lo usa (nelle grandi aziende si arriva al 58%), ma allo stesso tempo che il 76% degli smart worker è soddisfatto del proprio lavoro, contro il 55% degli altri dipendenti intervistati.

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