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Zambia e Sudafrica: lo sviluppo in un continente a due facce

Grazie all’attività di estrazione (+7,2%) le stime di crescita dello Zambia sono viste al rialzo (+4,3%), mentre l’incertezza politica e il rischio di allontanare gli investitori esteri hanno portato a nuovi tagli di rating del debito sudafricano (crescita a +0,7%).

Secondo gli ultimi report della Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, nel corso del 2016 l’economia dello Zambia ha registrato un tasso di crescita in termini reali stimato pari al 3,8%, in rialzo rispetto al 2,9% dell’anno precedente. E se questo risultato è stato dovuto principalmente all’attività di estrazione (+7,2%), per il 2017 l’economia è vista ricevere una spinta dalla buona piovosità dopo un paio di anni di siccità. In questo contesto, Banca Centrale e Governo hanno di recente alzato le stime di crescita del PIL sia per quanto riguarda quest’anno (al 4,3%) che per il 2018 (al 5,1%).

Dal picco oltre il 20% toccato ad inizio anno l’inflazione ha frenato sensibilmente, con il tasso tendenziale che è sceso al 6,6% lo scorso settembre. L’inflazione tendenziale è prevista mantenersi entro la fascia obiettivo del 6%-8% sia nei mesi finali del 2017 che nel corso del prossimo anno. Nei mesi scorsi il tasso di riferimento è stato tagliato ripetutamente e portato dal 15,5% all’11% di fine settembre, mentre quello sui finanziamenti overnight è sceso dal 25% al 20%. Il tasso interbancario, pari al 12,2%, si trova attualmente nella parte bassa del corridoio formato da questi due tassi. Negli ultimi due anni il recupero del prezzo del rame ha favorito un parziale ri-apprezzamento della moneta dello Zambia (la kwacha), con il rapporto ZMW/USD portatosi a 9,7 ad inizio ottobre da oltre 12 a fine 2015. Nel breve termine sulla valuta peseranno negativamente i probabili nuovi rialzi dei tassi sul dollaro, con conseguente riduzione dello spread, mentre le prospettive di Ml dipendono invece dall’andamento dei corsi delle materie prime, in particolare il rame.

Secondo dati preliminary nel 2016 il deficit pubblico, stimato pari al 5,8% del PIL, è stato finanziato per oltre un terzo con prestiti internazionali per la realizzazione di opere pubbliche e per il resto con prestiti ponte a breve termine: a questo proposito lo Zambia ha in corso trattative con il FMI per ottenere un prestito EFF (Extended Fund Facility). Il debito pubblico in rapporto al PIL è salito al 58% nel 2016, dal 51,4% nel 2015: in questo scenario la Bilancia dei Pagamenti dello Zambia vede una posizione commerciale fortemente dipendente dalle quotazioni del rame e un deficit del conto redditi dovuto alla remunerazione dei consistenti capitali esteri investiti nel Paese. Nell’ultimo decennio gli investimenti diretti esteri hanno finanziato il 30% degli investimenti totali, laddove il debito sovrano in valuta è considerato un investimento altamente speculativo da tutte e tre le principali agenzie di rating (B per S&P e Fitch, B3 per Moody’s).

Se invece volgiamo lo sguardo al Sudafrica, per il Governo in carica è sempre più difficile ignorare le richieste di riforme più radicali e di una più rapida distribuzione della ricchezza: questa situazione pesa negativamente sulla fiducia degli investitori e, di riflesso, sulle prospettive dell’economia. Nel corso del primo semestre la crescita tendenziale del PIL ha accelerato all’1%: questo rimbalzo è stato principalmente determinato dal settore agricolo (+20,1%) uscito da anni di siccità, e, in misura minore, dal minerario (4,4%). Nonostante l’andamento migliore delle attese nella prima parte dell’anno gli analisti restano cauti sulle prospettive di crescita nel breve e nel medio periodo: ecco allora che la crescita del PIL viene prevista pari allo 0,7% quest’anno e all’1,1% il prossimo.

Lo scorso agosto il tasso tendenziale d’inflazione ha frenato al 4,8%, dal 6,7% a dicembre 2016, picco dell’ultima fase inflazionistica. La Banca Centrale prevede l’inflazione toccare un punto di minimo al 4,6% nel corso del primo trimestre 2018, in graduale accelerazione nei mesi successivi pur restando sia nel 2018 che nel 2019 entro la fascia obiettivo del 3-6%. Il rientro delle pressioni inflazionistiche, unito alla relativa stabilità del tasso di cambio, hanno permesso alla Banca Centrale di tagliare il tasso di riferimento di 25pb (dal 7% al 6,75%). Nel coso dell’anno la valuta Sud Africana ha mostrato una contenuta volatilità e il rapporto di cambio verso il dollaro USA di fine settembre, dopo un iniziale ulteriore rafforzamento, risultava sostanzialmente invariato rispetto a fine 2016 (attorno a 13,50). La sopravvalutazione del cambio reale effettivo, l’incertezza sugli sviluppi politici, il rischio di un nuovo taglio del rating e i previsti rialzi dei tassi sul dollaro fanno prevedere per il rand una tendenza al deprezzamento. La più recente previsione di consenso indica un deprezzamento del cambio ZAR/USD del 7% entro un anno (a 14,5).

Nel corso del primo semestre 2017 il deficit corrente della Bilancia dei Pagamenti si è ridotto a 3,7 miliardi di dollari, grazie all’allargamento del surplus commerciale. Nello stesso periodo il surplus del conto finanziario è sceso a 2,3 mld a seguito principalmente di disinvestimenti da parte delle società minerarie finalizzati a ridurre il rischio. A fine giugno il debito estero ammontava a 158 mld (49,7% del PIL): le preoccupazioni di una svolta in senso radicale della politica economica che possa allontanare gli investitori esteri ha portato quest’anno a nuovi tagli di rating del debito sovrano del Sudafrica. Dallo scorso aprile è considerato un investimento speculativo sia da Firtch che S&P BB+ mentre per Moody’s è ancora un investimento privo di rischio, seppur nella parte bassa della scala e con un outlook negativo.

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