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Ue: 10 giorni per ridurre flussi migranti

Grecia: “Non saremo magazzino di anime” – L’Unione rafforzerà controlli sui migranti a frontiere esterne – Dopo il controvertice tra Austria e Stati balcanici, Atene richiama il proprio ambasciatore a Vienna per “consultazioni”.

Ue: 10 giorni per ridurre flussi migranti

L’Unione europea ha ancora 10 giorni per ridurre in modo significativo il flusso di migranti e dei rifugiati in arrivo dalla Turchia, “altrimenti vi è il rischio che tutto il sistema collassi completamente”. Lo ha detto il commissario europeo alle Migrazioni, Dimitris Avramopoulos.

“La situazione sulla rotta dei Balcani occidentali – ha aggiunto – è molto critica. La possibilità di una crisi umanitaria su larga scala è molto reale e molto vicina. Non si può andare avanti con atti unilaterali, bilaterali o trilaterali; i primi effetti negativi sono già visibili”.

La “scadenza” entro la quale l’Europa deve avere ottenuto “risultati tangibili” è quella del prossimo 7 marzo, giorno in cui è in programma un vertice dei capi di Stato e di governo Ue con il premier turco Ahmet Davutoglu, per fare il punto della situazione sullo stato dell’attuazione delle misure decise dall’Ue e nel piano di azione congiunto Ue/Turchia.

“Occorre tornare al più presto alla piena operatività del sistema Schengen di libera circolazione – ha continuato Avramopoulos – e applicare tutte le misure prese: gli hotspot, la redistribuzione, senza mai dimenticare che quello che è in gioco sono le vite umane. L’emergenza profughi non è un problema di questo o quel paese, ma un problema paneuropeo”.

Quanto ai piani di emergenza sui quali la Commissione sta lavorando in collaborazione con l’Unhcr, “non devono sostituire l’attuazione degli impegni già presi”, ha concluso.

Intanto, la tensione rimane sempre altissima all’interno dell’Unione europea: dopo il controvertice tra Austria e Paesi balcanici che ha escluso la Grecia, Atene ha richiamato per consultazioni il proprio ambasciatore a Vienna, Chrysoula Aleiferi, “al fine di preservare le relazioni amichevoli tra i popoli e gli Stati di Grecia ed Austria”.

Il vice ministro greco per l’Immigrazione, Ioannis Mouzalas, ha spiegato che “la Grecia non accetterà azioni unilaterali. Anche noi possiamo farne. Non accetteremo di diventare il Libano d’Europa e di diventare un magazzino di anime, anche se questo comporta un aumento di fondi”.

Intanto, mentre l’Ue che chiede chiarimenti all’Ungheria sull’ipotesi di indire un referendum sulle quote obbligatorie, la riunione dei ministri dell’Interno a Bruxelles ha raggiunto un primo risultato con un’intesa sul rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne dell’Ue.

I ventotto riuniti a Bruxelles dovranno ora negoziare col Parlamento le loro proposte che prevedono, in particolare, “l’obbligo” per gli Stati membri responsabili delle frontiere esterne (Italia e Grecia, soprattutto) di condurre “controlli sistematici di tutte le persone, incluse quelle che godono di libertà di movimento in base alle regole Ue quando attraversano le frontiere esterne” dell’Unione in ingresso e in uscita. I controlli si applicano dunque anche ai cittadini europei. Si prevede anche la possibilità di applicare simili controlli anche per quanto riguarda lo spazio aereo.

Sul tema dei controlli la Commissione diritti umani dell’Onu ha espresso “seria preoccupazione” per le misure decise la scorsa settimana a Zagabria dai capi della polizia di Macedonia, Serbia, Croazia, Slovenia e Austria.

L’accordo per un nuovo sistema di controlli, selezione e registrazione dei migranti che verranno eseguiti una sola volta, al confine tra Grecia e Macedonia, comporta “conseguenze negative per i diritti umani dei migranti”, sottolinea l’Alto commissario Zeid Ràad Al Hussein in un comunicato. Attualmente al confine tra i due Paesi sono bloccati migliaia di profughi e migranti.

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