Condividi

Preparare un menù: Il Palato Italiano racconta come si fa

Tutti i suggerimenti dello chef Filippo Sinisgalli – Le portate devono essere coerenti e armoniche con l’insieme – Decisiva la selezione dei prodotti – L’importanza dell’amuse-bouche – Il climax per il palato deve andare di pari passo con i colori

Preparare un menù: Il Palato Italiano racconta come si fa

Come si prepara un menù di successo? Sembra facile ma non lo è affatto. Per questo abbiamo chiesto allo Chef del Palato Italiano Filippo Sinisgalli di darci qualche suggerimento per la costruzione di un menu completo, o almeno alcune indicazioni per non commettere errori grossolani. Ci ha ricordato innanzitutto che le portate devono creare un tutt’uno coerente e ci ha stimolato a considerare l’ideazione di un menu come un momento di grande creatività: vogliamo immaginare ciò che ancora non c’è. Il primo aiuto importante – ha proseguito – arriva proprio dalla spesa, è lì che gli input arrivano, magari passeggiando tra le bancarelle di un mercato.

A parlarci è la voce della stagionalità: profumi, consistenze e colori definiranno alcune caratteristiche di base. Al secondo posto non può mancare la logica: è cruciale ragionare sulla scala del gusto. Il nostro palato è qualcosa di molto delicato e che va trattato con garbo, bene allora partire da sapori semplici, quasi elementari, immediatamente riconoscibili. Prima di descrivere le portate a cui tutti siamo familiari ci ha chiesto di poter aprire una parentesi su un elemento che ama creare perché, contrariamente alle sue piccole dimensioni, deve essere uno scrigno pieno di numerose attenzioni: l’amuse-bouche che precede l’antipasto.

È preferibilmente composto da un solo boccone che concentra in sé un aspetto croccante e un elemento morbido, dovrebbe essere tiepido e, volendo, possedere una nota acidula ma soprattutto – l’amuse-bouche – deve essere sinonimo di delicatezza. Esordire con un boccone troppo saporito o piccante, comprometterebbe la possibilità di assaporare il crescendo dei gusti che verranno. Nota a margine ma non troppo: si mangia anche con gli occhi. Il climax per il palato deve andare di pari passo con quello cromatico. Ottimo creare contrasti di colore in ogni piatto facendo in modo che la portata più importante raccolga gli sguardi più ammirati anche per le tinte che esprime. Assaporato l’amuse-bouche ci si misura con l’antipasto che deve far capire come si caratterizzerà l’insieme.

L’antipasto e il piatto principale (soprattutto se non c’è un primo piatto) devono avere una connessione importante perciò, se la scelta si orienta su un pesce grasso per il prosieguo, è ottimo giocare su note acide per l’antipasto che, tenendo pulito il palato e stimolando la salivazione, lo preparano alla portata successiva. La nota di buon senso poi è non ripetere più di due volte lo stesso gusto. Chi preferisce proporre anche il primo piatto, ricordi del crescendo di sapore perciò meglio non eccedere con le dosi e soprattutto trovare il bilanciamento tra la quantità di pasta, ad esempio, e il sugo scelto.

Un discorso a parte lo meriterebbe la pasta ripiena ma, limitandosi a un paio di note, lo Chef Filippo ha consigliato, nel caso si scelgano i ravioli, di non andare oltre il primo piatto. Se invece si intende arrivare al secondo pur scegliendo la pasta ripiena ci ha svelato un piccolo trucco per alleggerire: con un secondo di pesce, meglio che i ravioli abbiano un ripieno vegetale, facendo entrare la nota di mare solo nel condimento. Questo escamotage consente di preservare l’armonia, crescere col gusto senza appesantire e lasciando l’apertura più ampia sul sapore del secondo.

Approdiamo allora ai secondi. Se si tratta di pesce, meglio abbinarlo sempre a una buona salsa perché il sapore di partenza è comunque delicato. Il condimento del primo piatto avrà creato un insieme importante e saporito che, senza l’aggiunta di salsa, rischia ora di farci cadere dalla famosa scala del gusto. Ha sconsigliato i pesci piatti (sogliola, rombo ecc.) in quanto troppo delicati, oppure proporli, sì, ma quando si sceglie di non avere il primo. Viceversa un tonno o un salmone recitano degnamente la loro parte in un menu completo.

Sulle carni (soprattutto rosse), va da sé, c’è il problema opposto: a preoccupare è l’eccesso di gusto e masticabilità, sempre opportuna quindi la presenza del contorno, non indispensabile invece nel caso del pesce. Con un po’ di dispiacere lo Chef ha sorvolato sul pre-dessert, altro elemento meno noto e che trova molto interessante, per parlarci direttamente del dessert. Una sola parola: spettacolare, così deve essere il dessert, un’esplosione di colori, profumi e sapori. Anche in questo caso, ormai si sa, attenzione agli equilibri: evitare un dessert al cioccolato dopo un menu a base di carne, sarebbe come aggiungere peso su peso, viceversa, ottima questa opzione nel caso di un menu a base di pesce. In conclusione, ecco il suo consiglio più importante: sperimentare! Senza tentativi – anche sbagliati – il rischio è che i piatti prendano quel retrogusto senza personalità del “vorrei ma non posso”.

Commenta