Condividi

Istat: crescita al rallentatore, ma a marzo export record

Nel suo rapporto annuale l’istituto di statistica certifica che nonostante la ripresa il Pil italiano è ancora più basso del 7% rispetto ai livelli pre-crisi – Le imprese sopravvivono soprattutto grazie all’export, che a a marzo si è impennato del 14,5%, raggiungendo il livello più alto da oltre cinque anni

L’Italia continua a crescere a “ritmi molto modesti” e resta sette punti sotto i livelli pre-crisi, a differenza di altre economie europee che hanno addirittura superato le condizioni economiche del 2008. È quanto emerge dall’ultimo rapporto annuale dell’Istat sulla situazione del Paese, secondo cui il vero problema è la “scarsa dinamica della produttività”, che nel periodo 2000-2014 è scesa del 6,2%, mentre il Pil pro capite ha fatto segnare una flessione del 7,1%.

Sul versante del lavoro, continua l’Istat, lo scorso anno è continuata in Italia la ripresa dell’occupazione, con 293mila occupati in più, ma il livello resta comunque inferiore di 333mila unità a quello del 2008. Anche in questo caso la differenza è netta rispetto a quanto accade nella media europea, dove il numero degli occupati ha superato per la prima volta i livelli pre-crisi.

Rapporto Istat: si salva chi esporta

Quanto alle imprese, la loro sopravvivenza è legata alla capacità di esportare e di mettere in atto forme di internazionalizzazione complessa. Nel periodo 2014-2016, a fronte di un incremento delle esportazioni in valore delle società di capitale pari all’1,1%, si osserva una contrazione del 6,4% per le imprese a rischio, contro un aumento del 4,1% delle imprese fragili e del 2,9% di quelle in salute.

All’aumentare del numero di aree di sbocco dell’export migliora nettamente lo stato di salute economico-finanziaria. Per quanto riguarda l’internazionalizzazione si osserva uno spostamento netto verso forme più complesse con aumenti nel numero medio di prodotti venduti e di mercati di riferimento e il rafforzamento delle capacità di cogliere le migliori opportunità di domanda.

Complessivamente un’impresa su 2 in Italia è a controllo familiare: le famiglie controllano il 54% delle imprese del campione, anche se l’azionariato concentrato privo di legami familiari raggiunge il 30,8%. Le famiglie proprietarie gestiscono direttamente le imprese e i top manager con legami familiari sono il 29,8%.

Export record

Non a caso, a marzo la bilancia commerciale italiana ha fatto segnare un surplus di 5,4 miliardi (+5,2 miliardi a marzo 2016). Rispetto al mese precedente, si registra un aumento per le esportazioni (+4,0%) mentre le importazioni sono stazionarie. A livello tendenziale le esportazioni sono si sono impennate del 14,5%, raggiungendo il livello più alto da oltre cinque anni, e le importazioni del 16,3 per cento.

“L’ampio incremento congiunturale dell’export – sottolinea l’Istat – è trainato dalle vendite verso i mercati extra Ue (+6,5%) mentre per l’area Ue si registra un aumento più contenuto (+2,1%). Tutti i principali raggruppamenti di industrie sono in crescita, a eccezione dell’energia (-7,6%)”.

Inoltre la crescita tendenziale dell’export “riguarda sia l’area extra Ue (+15,1%) sia quella Ue (+14,1%); l’incremento dell’import (+16,3%) è più sostenuto dall’area extra Ue (+19,0%). Le vendite di prodotti petroliferi raffinati (+47,1%), di autoveicoli (+28,1%) e di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+22,8%) sono in forte aumento. Dal lato dell’import, aumenti rilevanti riguardano petrolio greggio (+68,0%) e prodotti petroliferi raffinati (+59,2%)”.

Rapporto Istat: più anziani e più disuguaglianze

L’Istituto di statistica fa una fotografia spietata sul cambiamento della società italiana. Le classi sociali si ricompongono e la piccola borghesia e la classe media faticano a identificarsi. Le disuguaglianze sono in aumento nonostante, nel 2016, la redistribuzione delle risorse abbia restituito 24,5 miliardi alle famiglie. “La diseguaglianza sociale non è più solo la distanza tra le diverse classi, ma la composizione stessa delle classi”. Per l’Istat “la crescente complessità del mondo del lavoro attuale ha fatto aumentare le diversità non solo tra le professioni ma anche all’interno degli stessi ruoli professionali, acuendo le diseguaglianze tra classi sociali e all’interno di esse”.

Quasi sette giovani under 35 su dieci (68,1%) vivono ancora nella famiglia di origine. Sono 8,6 milioni di individui. Inoltre, al primo gennaio 2017 le persone over 65 erano il 22% del totale, cioè 13,5 milioni, il valore più alto dell’Ue.

Nel 2016 si contano circa 3 milioni 590 mila famiglie senza redditi da lavoro, ovvero dove non ci sono occupati o pensionati da lavoro. Si tratta del 13,9% del totale.

Commenta