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Imu 2013, seconda rata: per cancellarla possibili nuovi aumenti delle tasse

Il pasticcio sull’Imu “residua” non sarà una vera stangata per i contribuenti italiani, ma ormai il problema è politico – Per risolverlo sarebbero necessari circa 200 milioni: qualsiasi soluzione, tuttavia, deve evitare di incidere sul rapporto deficit-Pil, pena opposizione del Tesoro – Il rischio è che alla fine la soluzione sia più pesante del problema.

Imu 2013, seconda rata: per cancellarla possibili nuovi aumenti delle tasse

Il problema è soprattutto politico, ma richiede una soluzione tecnica di precisione chirurgica. La “mini-Imu” 2013 sulla prima casa, o Imu “residua”, deve essere cancellata. E’ in gioco la credibilità del Governo, che per mesi ha garantito la totale abolizione dell’imposta più odiata d’Italia. Ma la vicenda tocca anche equilibri di più ampio respiro.

POLITICA E CAF 

In primo luogo, il pasticcio contabile che fin qui non ha consentito di mantenere le promesse è subito diventato il primo vessillo elettorale della neo-rinata Forza Italia, pronta a scagliarsi contro l’inefficienza dell’Esecutivo cui ha preso parte fino alla settimana scorsa. Pesa inoltre il malcontento dei sindaci (capitanati da Matteo Renzi), che hanno bisogno di tutti i fondi previsti dall’Imu 2013 per non mettere a rischio i bilanci dei Comuni, ma non accettano di scaricare il peso sui contribuenti. Voci di protesta arrivano anche dai commercialisti e dai Caf: fra la pubblicazione del decreto, firmato sabato dal Capo dello Stato, e la scadenza per il pagamento, spostata al 16 gennaio 2014, il tempo è troppo poco e gli errori sarebbero inevitabili.  

IL NODO DEFICIT 

Insomma, il caos intorno all’Imu continua a dominare il dibattito politico-economico italiano. E dire che per risolvere il problema non sarebbe necessaria una cifra astronomica: si parla di circa 200 milioni. Qualsiasi soluzione, tuttavia, deve evitare di appesantire il rapporto deficit-Pil, altrimenti alla chiusura dei conti di quest’anno il nostro Paese rischierebbe di sforare nuovamente il tetto europeo del 3%. E il Tesoro è pronto a dare battaglia per allontanare una simile prospettiva. 

POSSIBILI SOLUZIONI: ALTRI AUMENTI FISCALI

Si è pensato di far pagare l’imposta per poi restituirla, ma molti ritengono che questa via imporrebbe procedure e calcoli troppo complicati. L’unica possibilità è quindi che Governo e Parlamento – senza toccare il disavanzo – riescano a trovare le coperture necessarie in meno di 20 giorni. L’opzione più verosimile è che si decida d’intervenire ancora  sugli acconti fiscali: per quelli su Ires e Irap (già aumentati) non c’è più tempo, per cui non rimarrebbe che puntare sull’acconto Iva (ora all’88%), che deve essere pagato entro il 27 dicembre. Il rincaro però non escluderebbe anche l’ennesimo rialzo delle accise. 

COME CALCOLARE LA “MINI-IMU”

Prima ancora di pensare a dove trovare le risorse, tuttavia, bisognerebbe conoscere con precisione la somma necessaria per evitare il balzello. Il calcolo non è affatto semplice e perché sia definitivo si dovrà attendere le decisioni di tutti i sindaci italiani in tema di aliquote (la scadenza per modificarle è il 5 dicembre).

Proprio qui nasce il problema dell’ Imu “residua”, che peserà sulle tasche dei contribuenti nei Comuni in cui l’aliquota base allo 0,4% è stata aumentata. Secondo gli ultimi dati, le città in questione sarebbero poco meno di 3mila, ma nella lista figura la maggior parte dei grandi centri: da Roma a Milano, da Napoli a Bologna, passando per Genova e Palermo. 

Il conto finale per i singoli contribuenti dovrebbe aggirarsi fra un minimo di 40 e un massimo di 150/200 euro. Il calcolo prevede due passaggi fondamentali: dapprima è necessario sottrarre all’importo dell’Imu 2013 (con aliquote superiori allo 0,4%) il valore dell’Imu 2012 (più bassa). Una volta ottenuta la differenza, è necessario impostare una proporzione per dividere il risultato ottenuto in percentuali: se nulla cambierà, il 60% sarà a carico dello Stato, mentre il restante 40% peserà sui conti in banca dei cittadini. 

LA BEFFA DELLA PRIMA RATA

Tutto questo, lo ribadiamo, fa riferimento alla seconda rata Imu sulla prima casa. Per quanto riguarda la prima rata, invece, è già arrivata un’altra brutta sorpresa. Pensavamo che almeno quel pericolo fosse scampato, ma non è così. Le coperture stabilite mesi fa per cancellare il primo versamento si sono rivelate fallimentari: per questa ragione il ministro all’Economia, Fabrizio Saccomanni, ha firmato il decreto ministeriale che fa scattare la clausola di salvaguardia, la quale prevede un aumento degli acconti Ires e Irap per le imprese e, a partire dal 2015, un rincaro delle accise su gas, energia elettrica e alcolici (per una volta, è esclusa la benzina).

Inizialmente era previsto che le coperture arrivassero principalmente dalle maggiori entrate Iva (925 milioni) legate al pagamento di debiti della Pa per 7,2 miliardi di euro, oltre che dalla sanatoria in favore delle concessionarie dei giochi, dalla quale erano attesi circa 600 milioni di euro. Tutte previsioni  sballate: fino alla settimana scorsa, secondo dati del Tesoro, di quei 7,2 miliardi ne sarebbero stati pagati poco più di due (il 28% del totale), mentre dal settore dei giochi sembra che l’Erario abbia riscosso circa la metà del gettito previsto. Per queste ragioni gli effetti dell’incubo Imu si faranno sentire anche nel 2015. E su tutti, non solo su chi possiede una casa.  

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