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Confindustria: Pil accelera, ma livelli pre-crisi nel 2021

Rapporto del Centro Studi Confindustria – Nella classifica mondiale dei produttori manifatturieri l’Italia è al settimo posto – In Europa siamo secondi solo alla Germania – Con la crisi persi 800mila posti di lavoro ma dalla primavera 2015 si registra un cambiamento di rotta

L’uscita dell’economia italiana dalla recessione del 2011-2013 si è andata consolidando e sta accelerando quest’anno, ma siamo “ancora molto lontani” dai livelli pre-crisi: proseguendo la crescita al passo attuale, il recuperò si completerà solo nel 2021. È quanto emerge dagli Scenari Industriali del Centro Studi di Confindustria.

La risalita del Pil è partita nella seconda metà del 2013 ed è proseguita a un “passo più veloce” dall’inizio del 2015, fino a diventare più robusta dalla fine del 2016. Dal 2013 il Pil italiano è cresciuto nel complesso del 3,6%, recuperando oltre due terzi della caduta registrata nei due anni precedenti (-5,2%), con una velocità che si è gradualmente rafforzata fino a raggiungere il +0,4% medio trimestrale negli ultimi tre trimestri.

La risalita si sta caratterizzando per essere “più persistente ma finora mediamente più lenta rispetto a quella rilevata dopo la recessione del 2007-2009”, ha osservato il Csc. L’entità fin qui registrata è quasi identica nelle due fasi di recupero delle recessioni (+3,5% nella prima e +3,6% nella seconda), ma quella in corso dura da 16 trimestri contro gli 8 della precedente, con un tasso di crescita medio trimestrale che è quasi la metà di quello registrato nei due anni a partire dal secondo trimestre del 2009: +0,2% contro +0,42%. “L’accelerazione – ha scritto il Csc – sta comunque elevando il ritmo recente sopra quello medio di allora”.

ITALIA RESTA SETTIMA NELLA CLASSIFICA MONDIALE MANIFATTURIERO
IN EUROPA SIAMO SECONDI SOLO ALLA GERMANIA

Secondo la classifica dei principali produttori manifatturieri globali stilata annualmente dal Centro Studi di Confindustria, Cina e Stati Uniti rimangono saldamente in testa con quote di valore aggiunto mondiale in dollari correnti rispettivamente del 29,5% e del 19%, stabili rispetto al 2015, mentre il Giappone, al terzo posto, vede la propria quota tornare a crescere per la prima volta dal 2010, attestandosi all’8,4%. Stabile anche la settima posizione dell’Italia, con una quota costante del 2,3%, il secondo miglior piazzamento europeo dietro alla Germania, al quarto posto, con una quota del 5,9%. Davanti all’Italia restano l’India e la Corea del Sud.

“L’industria è ripartita a trainare il Pil nel mondo – ha spiegato il direttore del Csc, Luca Paolazzi – e anche in Italia”. Tra i primi quindici produttori mondiali, gli unici a perdere posizioni sono il Brasile e la Russia, scesi rispettivamente al tredicesimo e quindicesimo posto per effetto delle gravi recessioni che li hanno colpiti a partire dal 2014.

L’Italia “ha ben agganciato la ripresa industriale dell’Area euro, che dal 2013 risulta superiore a quella degli Stati Uniti e del Giappone: +2,3% contro +0,9% e +2,1% le corrispondenti variazioni medie annue tra il 2013 e il 2016”, ha osservato il Csc. L’industria è tornata a trainare lo sviluppo economico europeo: il differenziale tra la crescita reale del valore aggiunto manifatturiero e quella del Pil è di +0,9 punti percentuali; in Italia è il medesimo.

Il recupero dell’industria italiana, tuttavia, “sta avvenendo nonostante una crescita ancora troppo debole dei prestiti alle imprese del settore. Con uno sviluppo dei mercati dei capitali alternativi tuttora contenuto, nonostante gli indubbi recenti progressi, la risalita economica è stata finanziata finora in gran parte dal recupero della redditività delle imprese e quindi dall’autofinanziamento”, ha osservato il Csc.

Quanto al mondo del lavoro, dalla primavera del 2015 si osserva un cambiamento di rotta. Il monte ore lavorate è aumentato del 5,2% (fino a metà 2017), prevalentemente per l’allungamento degli orari di lavoro; l’occupazione ha fatto registrare un +1,5%, circa 60mila addetti in più.

In precedenza, fra l’autunno 2007 e l’inverno 2015, l’occupazione nel manifatturiero italiano era calata di quasi 800mila unità (-17,1%).

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